Itinerari in barca Corsica

La Corsica in barca a vela: alla scoperta delle incantevoli coste e calette segrete

La luce meridiana e “marina” della Corsica impressionò talmente Henri Matisse (sbarcato qui per la prima volta nel 1898 durante il suo viaggio di nozze), che il pittore francese in seguito attribuì a quest’esperienza la sua “scoperta” del colore. L’uso spregiudicato dei colori puri, accesi, assoluti, divenne poi la sua riconoscibile cifra stilistica. “In questo paese tutto brilla, tutto è colore, tutto è luce”, scrisse l’artista, la cui entusiastica descrizione dell’isola “pennella” una realtà ancora attuale. “Sono in un paese meraviglioso dove probabilmente rimarrò per molto tempo… Paese fantastico. Mandorli in fiore in mezzo agli ulivi argentati e al mare azzurro, azzurro, così azzurro da poterlo mangiare. Le arance verde scuro con frutti incastonati come gioielli, gli alti alberi di eucalipto con foglie variegate come piume di gallo e blu scuro. E dietro quasi sempre alte montagne con cime innevate”. Oltre un secolo dopo, la Corsica continua ad esercitare il suo incantesimo anche sui naviganti contemporanei in cerca di spiagge incantevoli, perle incastonate in un litorale così smerlato e ripido che sembra essere stato tagliato col coltello da un gigante. Non a caso i Greci la chiamavano “Isola della Bellezza”.

Quest’isola dal mare meraviglioso ha anche un entroterra dalla scenografia maestosa e “drammatica” – fatta di picchi, guglie, canyon, caverne – e un cuore montuoso ricoperto di boschi di castagni, querce, lecci, pioppi, olmi e attraversato da torrenti, fiumi e cascate dov’è bello andare a fare “wild swimming”, cioè tuffarsi nelle acque dolci circondate da paesaggi vergini, tanto per variare un po’ dal tema “acqua salata”. La Corsica è una terra dove la natura è forte ed intensa, dove ha un’anima indomita e selvaggia.

Pure l’uomo, però, ha dato il suo contributo per rendere quest’isola unica. Sulle scogliere riposano splendide cittadine variopinte come Bastia, Ajaccio o Bonifacio, e pittoreschi borghetti (marinari e collinari) che spesso fanno pensare di essere in Liguria: Erbalunga, Nonza, Corte, Centuri, Saint Florènt, Porto Vecchio, Porto. Sebbene appartenga alla Francia da più di due secoli, la Corsica è diversa in tutto, dai costumi alla gastronomia, dalla lingua al carattere, e questo è il segreto del suo grande fascino.

Dal punto di vista nautico, bisogna sapere che è un’isola molto ventosa. Il che, per chi va a vela, ha un lato positivo (tra l’altro: mitiga la calura estiva). Tra i venti più frequenti compare il maestrale, che spesso soffia a raffiche, e colpisce soprattutto la costa nord-occidentale e si infila accelerando nelle Bocche di Bonifacio. Poi c’è il libeccio, carico di umidità, che spesso soffia violento sulla punta che separa il Mediterraneo dal Tirreno, cioè il Capo Corso. Tenete presente, inoltre, che proprio qui il vento può cambiare direzione anche di 180 gradi dopo aver doppiato piccole lingue di terra.

Fare il periplo dell’isola vi regalerà le emozioni che solo un piccolo continente, scrigno di infinite bellezze geografiche e culturali, può offrire.

La circumnavigazione della Corsica si può fare in due settimane (e solitamente conviene girare in senso antiorario partendo da Bastia), ma se si ha meno tempo a disposizione ci si può concentrare su zone specifiche, come lo splendido Capo Corso (se si prende la barca a Bastia o Macinaggio), oppure partire da Calvi per scoprire il Nordovest, o da Ajaccio per esplorare la costa occidentale, ma anche da Bonifacio o Porto Vecchio per navigare a sud e magari allungarsi in Sardegna.

Alla scoperta di Capo Corso: suggestioni liguri e calette di ciottoli

Guardandolo sulla mappa, sembra un gigantesco “dito” di roccia (lungo una quarantina di chilometri e largo da dieci a quindici) puntato verso il Golfo della Luguria. Una dorsale montuosa innerva da nord a sud la penisola di Capo Corso (in lingua locale: Capicorsi). La Serra, che oltrepassa i 1300 metri di altitudine, sul versante occidentale si getta a precipizio nel Mediterraneo con scogliere vertiginose alternate a spiagge di sabbia grigia o nera. Sulla costa orientale, invece, le cime digradano in dolci pendii e ampie conche con calette di ciottoli grigi.

Per gli orgogliosissimi abitanti locali, questa è “l’isola dentro l’isola”. La sua diversità storica e culturale rispetto al resto della Corsica deriva soprattutto dallo speciale legame avuto in passato con la Repubblica di Genova.

Prima di mollare gli ormeggi da Bastia, visitiamo l’interessante cittadina fortificata, che ha un suo charme peculiare e ci offre un’istantanea fedele della Corsica odierna. Saliamo la gradinata che dal Vieux Port, circondato di case color pastello e vivaci brasserie, conduce alla Église St-Jean Baptiste, con due torri, e alla sempre animata Place de l’Hôtel de Ville, che ospita il mercato tipico ogni sabato e domenica. C’intrufoliamo nei vicoli stretti della Terra Vecchia, il centro storico della città, che ne rappresenta il cuore e l’anima più autentica, e ammiriamo la barocca Chapelle de l’Immaculée Conception, con la sua volta a botte riccamente dipinta.

Le migliori viste sul porto si conquistano dalla Citadelle o dal parco collinare di Jardin Romieu, raggiungibile tramite un’antica scalinata dal lungomare.

Sopra il Jardin Romieu incombe Terra Nova, la cittadella color ambra di Bastia, costruita tra il XV e il XVII secolo come roccaforte dai dominatori genovesi. Dentro scopriamo il Palais des Gouverneurs col Musée de Bastia, che ripercorre la storia della città. Da non perdere pure la maestosa la Cathédrale Ste-Marie e la vicina Église Ste-Croix (rue de l’Évêché), con soffitti dorati e un misterioso crocifisso in quercia nera rinvenuto in mare nel 1428. La giornata a Bastia termina in bellezza con una cena in uno dei ristorantini del Vieux Port, assaporando paté di polpa di granchio marinato al lime e risotto alla pescatora.

Doppiato il Môle Génois, puntiamo la prua verso nord per risalire la costa orientale di Capo Corso. Nelle primissime due-tre miglia scorrono i paesaggi antropizzati delle località balneari “satellite” di Bastia, come la Plage de Lavasina. Ma non tarda ad arrivare la “star” del Capo Corso. Ecco infatti stagliarsi in mare la silhouette di Erbalunga, borghetto amato da pittori e intellettuali sin dagli anni Sessanta. I palazzetti gialli, arancio e beige e la grigia torre mozza, costruita dai genovesi nel XVI secolo per monitorare il mare contro gli attacchi saraceni, sorgono dall’acqua di cristallo azzurro. Ancorare qui, nella baietta a sud del paesino, significa avere una cartolina davanti agli occhi. A nord delle case, per chi vuole la spiaggia, c’è anche una caletta di ciottoli. I vicoletti e il porticciolo invitano a una passeggiata, magari con una sosta in pasticceria per assaggiare il fiadone, uno squisito dolce tipico a base di brocciu, il formaggio corso di latte di pecora e capra. Di solito è profumato con il limone e in pratica è la versione corsa del cheesecake, perfetto pure per gli intolleranti al lattosio proprio per il tipo di latte usato.

Se si vuole fare qualche immersione per curiosare tra relitti di navi e tane di cernie e murene, più a nord c’è Marine de Sisco, un centro per appassionati di diving. Per un bagno veloce meglio optare per marine de Pietracorbara, più a nord. La Tour de l’Osse, a Cagnano, è una delle tante torri antisaraceni costruite in Corsica dalla Repubblica di Genova tra il 1530 e il 1620. Una serie di appezzamenti agricoli terrazzati annuncia Porticciolo, che fino al 18 75 era un fiorente cantiere navale ed oggi resta un paesino grazioso di case dai tetti in ardesia, scalinate, stradine straripanti di fiori e una microscopica darsena coi gozzetti alla fonda. A nord di Porticciolo, si può ormeggiare davanti alla splendida spiaggia di Misincu lambita da acque turchesi.

Il successivo marina di Santa Severa (a Luri) infonde pace ed offre un ormaggio sicuro a piccoli pescherecci e motoscafi. Più avanti ci facciamo tentare dalla sfumature del mare di Meria, ideale per uno stop rinfrescante. Macinaggio, con quasi seicento posti barca, è il più grande porto di Capo Corso, ed è anche l’unico approdo davvero protetto in caso di maltempo su questo versante. In tutte le altre baiette, infatti, si può attraccare solo se il meteo è favorevole. Appena terminate le manovre d’ormeggio, ammiriamo lo scenario suggestivo che ci circonda: gli alberi degli yacht dondolano pigri al crepuscolo e le sartie stridono mosse dal lieve maestrale, mentre si sentono già gli altri equipaggi indaffarati nei preparativi per la cena. Prima che faccia buio si possono fare due passi sul Sentiero dei Doganieri, che costeggia belle baie. Proseguendo verso nord per doppiare il capo, l’indomani facciamo un veloce bagno davanti alla bellissima spiaggia di Tamarone, una “piscina” naturale di acqua intensamente turchese, poi costeggiamo le Îles Finocchiarola sul lato esterno e navighiamo lentamente davanti a insenature favolose dove la tentazione di gettare l’ancora è fortissima, come la Rade de Santa Maria e la Baie de Capandola. Doppiata la Torra d’Agnellu, passiamo il punto più settentrionale della Corsica e la nostra rotta prosegue verso ovest.

A nord del “dito” la Torra di u Castellu sull’isola della Giraglia sorveglia ancora lo specchio d’acqua cristallina di Barcaggio.

Siamo davanti alla propaggine nord della Serra, coi declivi coperti di ginepro fenicio, lentisco, timo, rosmarino, mirto e finocchio battuti dal vento, dove spesso pascolano placide mucche che arrivano fin sulla spiaggia. A Barcaggio, ben ridossato dal grecale, abbiamo di fronte la vastità del Mediterraneo: il borghetto marinaro è una manciata di case con una torre e non c’è molto da fare se non oziare al sole, assaggiare qualche specialità in uno dei ristorantini sul porticciolo o fare un tuffo davanti alla Plage de Barcaghjiu.

Veleggiando verso ovest, oltrepassiamo il remoto grappolo di casette grigie di Tollaro, con la sua torre genovese e la spiaggetta. Dopo il semaforo del Capo Corso, il profilo costiero diventa molto seghettato e la Serra si precipita in mare con scogliere scoscese, creando capi appuntiti, come Punta Corno di Becco e Punta Bianca. La sinfonia geografica qui cambia del tutto: se il versante orientale era una melodia di dolci declivi, quello occidentale che ci apprestiamo a scoprire puntando la prua a sud assomiglia di più a un turbolento e incalzante spartito di Beethoven. Nel drappeggio di falesie è cesellato Port de Centuri, un porticciolo stipato di colorati gozzi dei pescatori di aragoste. Da acquistare per farsi una bella spaghettata in barca, o da assaggiare nei ristorantini tipici. Per ancorarsi, i natanti più grandi devono dirigersi nella caletta più a nord.

Tre famiglie si fanno concorrenza per il primato della cattura dei pregiati crostacei, che vengono cucinati in vari modi, soprattutto alla griglia o al vapore.

A Macinaggio abbiamo ammirato l’alba e, nella stessa giornata, a Port de Centuri restiamo incantati davanti al tramonto. Da qui cominciamo a veleggiare verso sud lungo la magnifica costa occidentale fino a Nonza. Anse d’Aliso, vero eden per una nuotata, è spesso deserta anche in alta stagione. In questa rada dal fondale basso, lo zaffiro lascia spazio ad incredibili nuances di turchese e azzurro. In primavera la macchia meditrranea esplode di colori e profumi ed è puro godimento sensoriale. Dopo Anse d’Aliso, tra Pino e Minerviu ammiriamo la costa a strapiombo. Quando soffiano venti del quadrante occidentale, però, sulle falesie si accaniscono i cavalloni e lo scenario si fa ancora più drammatico. Dopo Minerviu oltrepassiamo il golfo di Marine de Giottani, un abitato in stile genovese con un porticciolo. Per una sosta balneare a terra scegliamo però lo spiaggione di Marine d’Albu (frazione di Ogliastro), frequentata da romantici in cerca di pace. Ci possiamo pure tuffare nelle piscine naturali che il fiume Guado Grande crea vicino alla foce. Per i pescatori locali ogni scoglio ha un nome: i capocorsini hanno infatti una viscerale relazione col mare, che gli ha sempre fornito cibo e gli ha permesso di commerciare, sebbene abbia costituito spesso una minaccia, sia per gli avversi eventi meteorologici che per le invasioni barbariche.

Il borgo di Nonza, considerato il più pittoresco dell’Occidente capocorsino, è un “nido d’aquila” su una rupe ed è annunciato dalla sua gigantesca spiaggia nera, retaggio dell’ex miniera. Usato come set dalla popolare fiction TV francese Malaterra, è sempre affollato di turisti. È un bene arrivarci in barca, anche perché d’estate è impossibile parcheggiare. Dopo aver salito qualche centinaia di scalini, arriviamo al centro urbano e c’intrufoliamo nei freschi interni della Église Ste-Julie, che spicca con la sua facciata rosa al centro del paese per vedere l’altare policromo fabbricato a Firenze nel 1693, poi ci concediamo un aperitivo a base di formaggi locali e marmellata di fichi sotto gli alberi del Café de la Tour. La costa si fa via via meno drammatica mentre ci avviciniamo al lillipuziano Marine de Negro (frazione di Olmeta), protetto da una torre intatta e circondato da terrazzamenti di cedri, mandarini, ulivi. Quando avvistiamo le spiagge di Farinole, il cambiamento di scenario è ormai avvenuto: sabbia chiara, declivi dolci, mare celeste. Siamo vicini a Patrimonio, capitale enologica del Capo Corso, circondata dalle geometrie dei vigneti. Qui termina il Capo Corso e comincia il Pays de Saint-Florent.

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La Balagne e la costa ovest: le cento miglia di costa più belle del Mediterraneo

Il Nordovest corso comprende l’area tra Saint-Florent, il Desert des Agriates e la Balagne (la regione tra l’Ile Rousse e Calvi e poi più a sud fino a Galéria) e condensa in pochi chilometri di costa un ampio portfolio di spiagge polinesiane, un deserto, città marittime, borghi medievali incastonati su alture lussureggianti di ulivi e castagneti, scogliere impervie, fiumi e laghetti. La cittadina di Saint-Florent è uno dei porti più frequentati dagli yacht di passaggio, perché si trova in una location strategica tra il Capo Corso e le spiagge strepitose del Desert des Agriates, di cui è il gateway d’elezione. Alle spalle del litorale si rizzano alte vette spesso spolverate di neve anche a primavera inoltrata. Il remoto Desert des Agriates (raggiungibile solo a piedi, via mare o con escursioni organizzate in fuoristrada) è l’unico vero deserto europeo ed è il tratto di costa protetta più lungo d’Europa (40 km). La vegetazione è costituita principalmente da cactus e maquis e durante la navigazione si scoprono arenili stupendi, come Lotu e Saleccia, la più famosa: un chilometro di mezzaluna di sabbia come zucchero al velo, circondata da rocce chiare e spalleggiata da cespugli.

L’Île-Rousse è ormai vicina. Fu fondata da Pasquale Paoli (l’eroe della Corsica indipendente) nel 1758 come porto rivale di Calvi (favorevole invece ai genovesi), e prende il nome dall’ Île de la Pietra, un isolotto di roccia color rame che emerge all’imboccatura del porto. I palazzetti del XVIII e XIX secolo in tinte pastello sono sormontati da tetti rossi e affacciati verso est su una spiaggia bianchissima, massaggiata dalla risacca turchese e spalleggiata dalla Promenade de la Marinella.
Proseguendo verso ovest, scopriamo la splendida Plage de Bodri e la celebre Plage de Ghjunchitu dove possiamo sbarcare per un aperitivo con musica in sottofondo. Ed ecco Algajola, un borghetto-bomboniera, con cittadella cinquecentesca affacciata su una lunga spiaggia dorata, uno dei posti preferiti per gli appassionati di kite surf. Dopo la Torra Ghjenuvese di Spanu entriamo di fatto nel golfo di Calvi, che sorge, dominata dalla cittadella fortificata tra mura color miele, su un’ampia baia sabbiosa lunga quattro chilometri, spalleggiata da un’dorosa pineta. Calvi ha una vibe da Costa Azzurra, col bel marina turistico stipato di yacht a vela e motoscafi deluxe. I calvesi sostengono pure che la loro città abbia dato i natali a Cristoforo Colombo. Sul waterfront le brasserie si fanno una spietata concorrenza e si contendono I turisti e gli equipaggi delle barche. Tra boutique e ristorantini saliamo verso la Citadelle genovese (mai espugnata), da dove lo sguardo si perde nell’orizzonte marino e abbraccia i picchi del Monte Cinto (2706 metri). A ovest di Calvi costeggiamo la penisola della Revellata, uno dei siti di diving più famosi della Corsica, dove ci si può immergere tra cernie, murene, gorgonie, coralli rossi.
Dopo spieghiamo le vele per costeggiare lo splendido litorale che porta a Galéria, caratterizzato da tormentate quinte di ripide falsie. Dal microscopico borgo marinaro di Galéria, orlato da due belle spiagge di sabbia grigio ocra e immerso in uno scenario di rosse scogliere, comincia la Vallee du Fango: risalendo il fiume si trovano piscine naturali dove fare un tuffo rinfrescante in acqua dolce.
Poi bordeggiamo la bella Riserva Naturale della Scandola, una penisola di rocce vulcaniche che si contorcono, si spalancano in grotte marine o pendono come i tubi di un organo di pietra. In questa riserva, la prima area naturale marittima e terrestre protetta in Francia (creata nel 1975 e successivamente dichiarata anche patrimonio Unesco), vivono numerosi uccelli che fanno il nido in questi angoli inaccessibili: dal falco pellegrino alla berta di Cory, dall’aquila reale al falco pescatore. È spesso deserta, perché accessibile solo in barca o attraverso un tratto del faticoso Sentiero GR 20 che attraversa da nord a sud la Corsica. A sud della riserva scopriamo l’idilliaco Golfo di Girolata, una delle anse più incontaminate e solitarie dell’isola, dove l’ancoraggio per la notte è sicuro solo in caso di bel tempo. Noi diamo alla fonda per goderci il fiabesco scenario di rocce rosse e sabbie ocra, il fortino genovese e il borghetto raggiungibile solo via mare o con un trail piuttosto impegnativo, perché non esistono strade asfaltate. L’aria salmastra profuma di eucalipto e l’acqua è di cristallo turchese: un paradiso.
Le meraviglie non sono finite qui, perché dopo poco raggiungiamo il Golfo di Porto (anch’esso patrimonio Unesco) con le sue scoscese scogliere di granito ramato e le splendide Calanques de Piana. In questa costa assistiamo al matrimonio tra la montagna e il flutti, tra il cuore verde della Corsica e il blu che la circonda, con tocchi di porpora dati dalle scogliere. Attracchiamo poco prima del tramonto, mentre gli ultimi raggi dorati del sole rendono le conformazioni granitiche (picchi, aghi, archi, tunnel e falesie), più sanguigne che mai. Le rocce sono bucherellate, in alcuni punti diventano “organi basaltici” e conglomerati vulcanici dalle tinte multicolori. Dopo la minuscola Plage de Ficaghjola, doppiamo facilmente Capu Rossu, il punto più occidentale della Corsica.
Cargèse, più giù, si staglia a un centinaio di metri sul mare, dominata dai campanili delle sue due chiese: una bizantina, l’altra latina.
La navigazione prosegue ancora verso sud: nel tratto di mare fra le isole dell’Arcipel des Sanguinaires e la costa poco prima di Ajaccio bisogna fare attenzione perché il fondale raggiunge appena i sei metri. Sulla Grande Sanguinaire (detta anche Mezzo Mare) c’è un faro che fu anche il rifugio solitario dello scrittore francese Alphonse Daudet (1840-1897) che qui trovò ispirazione per le sue Lettere dal mio mulino. Ad Ajaccio, la capitale corsa, è meglio ormeggiare al vecchio porto Tino Rossi, da cui possiamo raggiungere più facilmente la Citadelle genovese, una delle zone più antiche della città (fondata dai liguri nel 1492) coi suoi vicoletti caratteristici, la piazza Floch (famosa per il mercato), le sue chiese e la fortificazione vera e propria (non visitabile all’interno, però, perché è zona militare).
Naturalmente la città è famosa per aver dato i natali a Napoleone Bonaparte e la “Napoleone-mania” è ovunque. Alcuni dei suoi effetti personali possono essere ammirati nella mastodontica Maison Bonaparte, acquistata dal padre nel 1760, mentre le sue tracce sono presenti anche nella barocca Cathédrale Notre-Dame-de-l’Assomption (dalla brillante facciata arancione) dove fu battezzato. Nel Palazzo Fesch, costruito a partire dal 1828, per volontà del cardinale Joseph Fesch, zio materno di Napoleone, possiamo sbalordirci davanti alla straordinaria collezione di dipinti, che comprendono opere di Vanvitelli, Tiziano e Veronese.
Ma Ajaccio compare pure nei libri di storia dell’arte proprio perché Henri Matisse vi soggiornò a lungo e vi dipinse una cinquantina di opere, ispirandosi alla luce, ai tramonti e ai paesaggi mediterranei dei dintorni: uliveti, rigogliosi giardini e il Sentier des Sanguinaires. “Il colore aiuta ad esprimere la luce” sosteneva il pittore, maggior esponente della corrente fauvista.
Lasciata la città di Napoleone, facciamo una sosta davanti alla bella la Plage de Porticcio, dove i colori (dopo le scogliere ramate che abbiamo scoperto in precedenza nei dintorni di Porto) cominciano ad essere più “caraibici”: sabbia chiarissima e acqua turchese. A Propriano c’è un bel marina per trascorrere la notte e, se si ha un’intera giornata a disposizione, si può pianificare anche un’escursione al sito preistorico di Filitosa, nella valle del Taravo, coi suoi misteriosi menhir di granito dalle fattezze umane, risalenti al secondo millennio prima di Cristo. Lasciata Propriano, navighiamo davanti all’infinita striscia di candida sabbia bianca di Plage de Portigliolo, e a una sfilza di calette divine, come l’ampia mezzaluna di Plage de Campomoro o le più minute Plage de Cala de Conca o Plage de Trigano. Arrivati a Murtoli, il paesaggio è insieme dolce e sauvage: faggeti e uliveti, profumata macchia mediterranea, cespugli di lavanda, distese coltivate a fieno dove vanno a pascolare mucche e pecore, dune di sabbia, creste e panettoni di granito plasmati dall’acqua e dal vento.

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Le mitiche Bocche di Bonifacio, regno di Eolo, e il Sud Corso

Salpando da Murtoli ci aspettano alcune miglia di navigazione più “delicata”, dove l’attenzione deve restare elevatissima e dobbiamo consultare nel dettaglio le carte nautiche, data la presenza di scogli lungo tutto il litorale. Ci avviciniamo infatti alle Bocche di Bonifacio, un’area spesso spazzata dal violento maestrale, con molta corrente e onda, cose che possono rendere la navigazione complessa. Dalla Plage de Figari, una baia molto profonda ben ridossata dal grecale (anch’esso un vento molto frequente), ci sono una decina di miglia per raggiungere Bonifacio. Qui la costa cambia completamente aspetto: rocce di granito chiaro, ben levigate dagli elementi, spiagge di zucchero al velo.

Bisogna sempre consultare le previsioni del tempo specifiche per questo stretto braccio di mare fra Corsica e Sardegna, rinomato per avere un meteo a sé stante ed essere piuttosto insidioso se affrontato con leggerezza. Difficile trovare giornate di calma piatta o deboli brezze (questo è il regno di Eolo!) ma se si pianifica per bene, la navigazione filerà liscia come l’olio e ci sarà da divertirsi, sia per i neofiti che per i velisti più esperti. La costa qui è un “museo” naturale di sculture calaree bianchissime: le falesie a picco sono modellate dagli elementi nelle fattezze più strane e sono fatte “strati”, come una millefoglie. Entrare nel porto di Bonifacio in barca a vela è un’emozione indimenticabile. Si fa quasi fatica a riconoscere l’ingresso del fiordo, lungo quasi un miglio, spalleggiato dalle alte pareti. Qui improvvisamente il mare si calma e scivoliamo sull’acqua immota, stregati dalla visione dell’antico borgo di case pastello coi tetti rossi, arroccato sulle rocce, che sembra quasi irreale. Sicuramente Bonifacio, una delle città più antiche della Corsica, offre il city setting più drammaticamente bello dell’isola. Sbarcati nel porticciolo (in alta stagione è bene arrivare presto, altrimenti non si trova posto!), dobbiamo preparare le gambe alla ripida salita verso l’Haute Ville, cioè la Citadelle racchiusa tra i possenti bastioni. Dal porto turistico i gradini lastricati della Montée du Rastello e della Montée St-Roch portano all’antica porta della cittadella, Porte de Gênes, con un ponte levatoio originale del XVI secolo.
Ci lasciamo totalmente incantare dagli ombrosi vicoletti acciottolati, molti dei quali attraversati da acquedotti ad arco progettati per raccogliere l’acqua piovana e riempire la cisterna comunale di fronte all’Église Ste-Marie Majeure.
Bonifacio risale al IX secolo: prima fu pisana, poi genovese e infine francese. All’interno della porta si trova il duecentesco Bastion de l’Étendard, sede di un piccolo museo di storia. Passeggiamo lungo i bastioni fino a Place du Marché e Place de la Manichella per una vista sbalorditiva sulle Bocche di Bonifacio.
Dall’altro lato della cittadella, la spettacolare Escalier du Roi d’Aragon taglia diagonalmente la parete meridionale della rupe.
A ovest, lungo il promontorio calcareo, si trova l’Église Ste-Dominique, una delle poche chiese gotiche della Corsica e, poco più avanti, il cimitero marino di Bonifacio, tranquillo ma bellissimo. La camminata lungo la scogliera verso est, fino al Phare de Pertusato, è generosa di panorami strepitosi. Un aperitivo in uno dei pittoreschi localini sulla marina può chiudere in bellezza una favolosa giornata a Bonifacio. Ci dispiacerà mollare gli ormeggi, l’indomani, però ci aspettano altre meraviglie. Doppiato il Phare de Pertusato, è tutta una sequenza di belle baie dall’acqua turchese e dalla sabbia immacolata, come la Plage du Petit Sperone. Da qui, volendo, si può fare rotta verso sudest per scoprire le Îles Lavezzi, che distano meno di due miglia. Questo gruppo di isolotti disabitati, ex covo di pirati, è protetto da una riserva marina ed è l’ideale per sguazzare nelle tranquille acque di lapislazzuli, incorniciate da scenografici massi di granito grigio. Cavallo è privata (quindi inaccessibile) e ospita dimore di miliardari, ma Lavezzu può essere visitata in autonomia e offre alcune splendide baie: Cala Achiarina, Cala Giunco, Cala di u Lioni. Cala Lazzarino, a sud, offre ottimo riparo da tutti i venti, tranne quelli del quadrante meridionale.

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La “Saint-Tropez” della Corsica e la costa orientale

Risalendo la costa est della Corsica, facciamo rotta verso Porto Vecchio, uno approdi più sicuri e rinomati del Mediterraneo, molto amato dal popolo degli yacht. Difficile scegliere una baia per un tuffo: prima di Porto Vecchio c’è solo l’imbarazzo della scelta: Plage de Sant’Amanza, Plage de Balistra o Plage de Rondinara, che ha un’acqua calmissima come una piscina. La caletta, infatti, ha la forma di un anello con una sola apertura: perfetta per trascorrere la notte (tranne che in caso di venti orientali). La Plage de Santa Giulia sembra una laguna polinesiana, con le sue acque basse e cristalline e la sabbia dal candore abbagliante.
Orlata di pini, la lunga mezzaluna sabbiosa di Plage de Palombaggia è considerata da molti la spiaggia più bella della Corsica. Stando alla fonda, ci godiamo pure il panorama sull’Îles Cerbicale.

Seducente e alla moda, Porto Vecchio può essere considerata la Saint-Tropez corsa e ha un marina turistico attrezzatissimo. Anche stare alla fonda nel profondo golfo della città può offrire un approdo sicuro, se il porticciolo è già pieno. Ci vuole un attimo a sentirsi una celebrity in vacanza girovagando tra le pittoresche stradine di Porto Vecchio, fiancheggiate dai dehor dei ristoranti e da negozi di design e sorvegliate dalle rovine di un’antica cittadella genovese. Ci godiamo un po’ di shopping, poi torniamo ad assaporare primi a base di pasta fresca e tartare di pesce al porto di U Molu.
A nord di Porto Vecchio, per un tratto il litorale è cosparso di distese di sabbia, come Cala Rossa, la Baie de San Ciprianu e, più a nord, il Golfe de Pinarello, con la sua torre genovese. Dopo la Torre Fauvea, però, però, il litorale orientale corso diventa molto lineare. Plage de Tarcu e Plage de Canella (ideale per lo snorkeling) possono offrire una cornice idilliaca per dare alla fonda e fare una nuotata. Da qui la costa diventa meno interessante e non ci pentiamo di navigare “tutto d’un fiato” le circa sessanta miglia che ci separano da Bastia. La Corsica ci ha lasciato emozioni indimenticabili. È un’isola dove vorremmo subito ritornare.

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